mercoledì 18 marzo 2009

Da Unità.it - ASSUNTA ALMIRANTE: «Il partito unico è un errore. Molti non lo voteranno. E Fini non sarà il numero 2»



di Natalia Lombardo

Donna Assunta Almirante, anziana ma energica vedova del fondatore dell’Msi, è critica anche sulla fusione di An nel berlusconiano Pdl.
La convince questo partito, il Pdl?
«Non lo vedo bene. Sono per creare alleanze, ma ognuno deve rimanere con la propria identità. Anche perché prima o poi ci sarà uno scontro interno e bisogna vedere se la gente lo voterà di nuovo quel partito».

Crede che saranno in molti in An a non votare Pdl?
«Eeeeh, hai voglia! Tantissimi non voteranno più o sceglieranno altri. E poi si sono divisi i dissidenti: la Poli Bortone ha fatto il suo movimento per il Sud dicendo: “non sono io che me ne sono andata, sono stati gli altri ad andarsene”. Sono d’accordo con lei, e così Storace...».

Storace raccoglierà voti a destra?

«Non so, Ma questa legge elettorale per le europee è una dittatura. Io voglio scegliere le persone, le preferenze. I simboli sono come graffiti, io voto quando vedo la bandiera, e scelgo gli uomini competenti, capaci, ma non basta che lo sia una persona sola. E rimpiango i vecchi».

Suo marito?

«Non solo Almirante, ma anche tanti nell’Msi, come Pazzaglia, o dirigenti della Dc e del Pci, persone come Berlinguer, uno che sapeva politicamente ciò che faceva. Non per niente sono 60 anni che regge la nostra Costituzione. Adesso se batto le mani per qualcuno è un miracolo».

Come vede Gianfranco Fini: il suo “figlioccio” rischia di finire in secondo piano nel Pdl?

«Fini non lo vedo come numero 2, l’avrei visto restare al suo posto come numero 1, magari accanto a Berlusconi, ma con la sua identità. Io sono per l’alleanza ma non per il partito unico; hanno deciso così, ma non sono d’accordo. Del resto non ho mai avuto la tessera di An».

È rimasta male nel vedere Giorgio Almirante fuori dal Pantheon del Pdl?

«Si vede che non conoscono la loro storia. Si sono dimenticati che è stato Almirante a creare loro. Rinnegano il padre e magari si ricordano della signora della porta accanto. Sono abituata alle amarezze e alla mancanza di riconoscenza, e da credente, dico: chi sputa in cielo prima o poi in faccia gli torna».

Lei non si candida, ma chi voterà alle Europee? Storace?

«Dipende, se Storace porta uomini in gamba. Ma potrei votare anche altri partiti, sa?»

L’Udc, o addirittura il Pd?

«E perché no? Io voto i cervelli e sono di mentalità allargata. Compro sempre l’Unità. Su alcune cose sono d’accordo».

martedì 17 marzo 2009

Domenica 15 Marzo 2009 - ADRIANA POLI BORTONE HA PRESENTATO IL MOVIMENTO "IO SUD" A TRICASE


“Inquinamento, tumori, tutto ha avuto un prezzo: qualche migliaio di posti di lavoro! Ma il lavoro deve avere i termini dell’economia sostenibile, ci dobbiamo ribellare rispetto a violenze che sono state fatte sul nostro territorio!”

Tricase (Le), 15 marzo 2009: Bari, Lecce, Brindisi e oggi Tricase, dove oltre 600 persone hanno atteso al Cinema Aurora il discorso di Adriana Poli Bortone - presidente e fondatrice del Movimento “IO SUD”.

La presentazione è stata fatta dall’On. le Antonio Lia, il quale ha precisato “io sono sempre stato uomo della Democrazia Cristiana, sono stato anche un cattolico di sinistra, e oggi mi chiedono cosa ci faccio vicino ad Adriana: noi siamo uniti per il Sud, gli obiettivi sono comuni, perché non dovremmo stare assieme?”

La fondatrice ha iniziato il suo – come solito – accorato discorso alla platea ponendo l’accento sulla necessità di razionalizzare le presenze sul territorio di enti ed unioni territoriali, conferendo ad ognuno una sua funzione, per evitare inutili accavallamenti e sperpero del danaro racimolato con le tasse dei cittadini. Province, aree metropolitane, aree vaste, e poi ATO dei rifiuti, ATO delle acque, servono troppo spesso ad “elargire danaro ai molteplici consigli di amministrazione, magari privandone le ragazze madri che muoiono di fame e vanno ai comuni a chiedere un contributo!”.

Non è contraria al federalismo, Adriana Poli Bortone; semplicemente non comprende come questo Governo abbia potuto “iniziare dalla fine”, dal federalismo fiscale, decidendo solo quali sono le tasse che vanno pagate rispettivamente ai comuni, alle province, alle aree metropolitane. In ossequio solo alla pretese di “una Lega Nord fortissima, che ha saputo imporre il suo potere, e che non ci si è posti problemi di coerenza quando – dopo aver sparlato per anni di “Roma ladrona” – con la stessa legge sul federalismo - conferiva a “Roma capitale” una serie di funzioni, pagate con ulteriori tasse estorte ai cittadini. Perché, come se non bastassero le tasse che già attualmente gravano sui cittadini, oggi a quelle convenzionali se ne aggiungono altre così dette “di scopo”, quelle, cioè, che sono necessarie per fare qualcosa che con le tasse “normali” non si riesce fare”.
Un federalismo fiscale che è contrario anche alle iniziative che alcuni Comuni avevano preso, per venire – nel loro piccolo – incontro ai cittadini: “Noi a Lecce abbiamo riabbassato l’IRPEF, ritenendo il “bene casa” un bene primario, e lo abbiamo fatto da soli, senza che nessuno ce lo dicesse. Ma oggi l’Irpef viene pagata tutta al governo centrale, che con quel gettito riesce a rispettare il patto di stabilità con l’Europa, ma allo stesso tempo priva i Comuni di quel 40% che dovrebbe loro spettare, ma che – in attesa che venga loro restituito – non possono utilizzarlo per offrire servizi ai cittadini. I sindaci non sanno su quale danaro possono contare per offrire servizi, e questo è dannosissimo per tutti, ma in modo particolare per le amministrazioni del sud. Noi infatti non possiamo contare sui grossi insediamenti, sulle grosse industrie, possiamo contare solo sui soldi delle tasse dei cittadini, soldi che di fatto non abbiamo noi, ma il governo centrale. E allora, potevamo noi votare questo federalismo?”

Ma la critica non è rivolta solo al Governo, che pure ha la colpa di aver paventato una “perequazione infrastrutturale teorica”, prevedendo solo un osservatorio per conoscere quali sono le infrastrutture che mancano nel sud, anziché programmare interventi operativi; un attacco preciso tocca anche “agli imbelli della Regione Puglia”, che per incapacità nella rendicontazione hanno obbligato allo stallo ed all’inutilizzo gran parte dei fondi FAS, legittimando l’intervento del Ministro Castelli che ha deciso di dirottare al Nord ben 63 miliardi, soldi che l’UE aveva dato al SUD, anzi, solo a 4 regioni del Sud, ma che – piuttosto che restituirli a Bruxelles, vengono utilizzati per la Torino - Lione, per l’interramento della stazione di Pavia. E per lasciare le nostre stazioni in una situazione da Far-West.
“La Lega ha tutto l’interesse ad aumentare il divario nord-sud, perché così finalmente si giustifica la secessione, e la creazione di una macroregione del nord”; ma questo dipende moltissimo dai governi locali del Sud, dal fatto che Puglia, Campania, Basilicata, Calabria non riescono a mettersi assieme per programmare. “Dalla Regione Puglia hanno dovuto inventarsi 3 notti bianche per “investire” 7 milioni di euro che altrimenti sarebbero tornati all’Europa. Ma non era meglio investirli in lavoro per i nostri giovani?.... E’ una disgrazia vedere che sono tanti i danari che l’UE dà e che noi non riusciamo a utilizzare, per creare cose che rimangono sul territorio, non “cosette” che dopo 2 anni spariscono! La strategia di Lisbona prevede interventi per i giovani e per le donne, 2 obiettivi che altre zone dell’Europa hanno già conseguito, mentre noi in Puglia non riusciamo a fare nemmeno un bando per l’utilizzo di questo danaro”.

“Quello che vogliono i territori del nord è egoismo puro per la loro terra, non il federalismo! Io avevo proposto il principio della territorialità del fisco, guardando a quello che hanno fatto per anni FIAT, Enichem, Montedison, e gli altri grossi insediamenti industriali che hanno depauperato il nostro territorio, monetizzando il rischio. Inquinamento, tumori, tutto ha avuto un prezzo: qualche migliaio di posti di lavoro! Ma il lavoro deve avere i termini dell’economia sostenibile, ci dobbiamo ribellare rispetto a violenze che sono state fatte sul territorio! Se L’ILVA ha avuto interesse a stare qui, e al limite quando vede che c’è qualcosa che non va minaccia di licenziare un po’ di lavoratori, allora è qui che deve pagare le tasse, non dove ha la sede legale! Se stanno qui ed inquinano qui, allora è qui che devono pagare le tasse: questo è federalismo!”

Ecco allora la definizione dello spazio nel quale si colloca il neonato Movimento. “C’è molto interesse per questa idea, che non è solo trasversale, ma inclusiva, che vuole includere chiunque ha il desiderio di fare qualcosa per il Mezzogiorno; non solo i delusi non solo dalla politica, ma anche gli amministratori capaci, i delusi dalla mancanza di concretezza. Io con i miei 40 anni di politica alle spalle mi posso anche consentire di sparigliare le carte! Consentitemi di dire che chi prende 100.000 preferenze, con 3 ministri presenti sul territorio, se ha da dire qualcosa lo può fare anche ad alta voce! Sarebbe stato più facile andare a contrattare con il mio partito, per ottenere qualcosa; ma io non mi sono venduto il mio territorio. Anzi, ho provato a dirlo a qualcuno che era necessario cambiare qualcosa, qualcuno che però non ha intesto sentire. Ed ho aspettato oltre 2 anni per vedere se questo qualcuno – di cui non occorre fare il nome - comprendeva l’importanza della questione meridionale. Ma non è accaduto nulla. Qualcuno dice che sono vecchia, ma io non mi offendo: avessero tutti i vecchi la passione che ho io! Non mi posso offendere per avere alle spalle 40 anni di politica, 40 anni dei quali non rinnego nulla, ma proprio nulla, a differenza di qualcuno che ogni giorno sente la necessità di cancellare qualcosa dal suo passato politico. Negli anni ho dato rispetto agli avversari e l’ho avuto. Quando c’è intelligenza, volontà, capacità di analisi, barriere non ce ne sono. E qui da noi, di gente capace ne abbiamo tantissima: nelle industrie del nord, nelle università italiane, ovunque - fuori da questo territorio - siamo valorizzati; ma lo possiamo fare sul nostro territorio tutto questo, o dobbiamo continuare a regalare tutto questo al resto d’Italia?

Allora, io ho fatto solo questo conto, che non era difficile da fare: se al Nord c’è un soggetto che recupera l’identità del territorio, perché non può esserci qui un qualcosa di cui essere fieri? Ecco allora perché vi chiedo di stare con questo movimento, che sarà tanto grande quanto lo vorrete fare!”

venerdì 13 marzo 2009

POLI BORTONE:"MAGGIORE ATTENZIONE ALLE FAMIGLIE, ASSEGNO SOCIALE PER LE CASALINGHE"

Lecce (salento) - Più che di ammortizzatori sociali,  che potrebbero rappresentare solo un pannicello caldo per la temporaneità e la precarietà dell’interveto, occorre- interviene la Sen Poli Bortone - riprendere l’intero tema del welfare a partire dalle famiglie e dalle casalinghe.

“Personalmente ritengo più utile un intervento economico diretto che sostenga il lavoro di cura delle casalinghe piuttosto che un sussidio di disoccupazione che, sia pur senza generalizzare, potrebbe incentivare pigrizia e lavoro sommerso.

L’assegno alle casalinghe, una mia antica battaglia, verrebbe anche incontro a quel problema sociale che dovrebbe far porre l’attenzione sulla famiglia quale nucleo essenziale di una società ordinata.

Capisco bene di andare contro corrente ma penso che sia dovere di ciascuno di noi che fa politica, dare delle soluzioni che siano legate alla emergenza di oggi.  

Sicuramente una emergenza è proprio quella delle nuove povertà che non sono le povertà materiali ma anche, o forse principalmente, le provertà immateriali degli affetti”

 

domenica 8 marzo 2009

PRESENTATO OGGI A LECCE IL "MOVIMENTO PER IL SUD" : CLAMOROSO SUCCESSO!

Quando la senatrice Adriana Poli Bortone sale sul palco è visibilmente commossa; la sala dell'Hotel President è piena all'inverosimile e la coda di gente si prolunga, senza soluzione di continuità, fino all'esterno. Se il centrodestra che si riconosce nel Pdl si avvia ad una prova di forza elettorale, il Movimento Sud oggi ha presentato il suo biglietto da visita. Ma non c'è spazio per le polemiche, è il giorno del battesimo di fuoco nella sua città; solo qualche frase che sembra più un sassolino tolto dalla scarpa che un attacco diretto: "Mi sembra che oggi siamo un tantino più numerosi di ieri", riferendosi appunto al congresso provinciale di An nel quale si è consumata la spaccatura.Il discorso (che domani sarà on line su http://www.salentoweb.tv) della Poli è tutto incentrato sulla questione economica; meglio di altri, sembra aver compreso che le ansie e le aspettative dei cittadini meridionali guardano tutte verso la ricerca di una soluzione concreta per reagire alle tenaglie della crisi economica. "Non siamo accattoni, i quattro miliardi stanziati dal Cipe non bastano", giusto per chiarire che non saranno le prebende elettorali a farle invertire la rotta. L'impianto concettuale del nuovo corso politico è tutto incentrato sulla rivendicazione dell'orgoglio di un Sud che, nonostante abbia contribuito per la metà al successo del centrodestra, "non è amato da questo Governo". Nemmeno la Banca del Mezzogiorno piace alla senatrice: "non è immaginabile consegnare un nuovo istituto alle cordate settentrionali", dice in aperta polemica con il ministro Tremonti.


Lo sviluppo allora non può che passare da un ripensamento radicale di una certa cultura politica che spaccia per concessioni, assumendosene di conseguenza i meriti, quelli che sono i diritti di un territorio violentato anche da una politica industriale ed economica che ha messo in ginocchio le specificità produttive: l'artigianato, l'agroalimentare, il turismo. Ripartire dunque da misure concrete, come l'imposizione alla grande distribuzione di una quota pari al 40% di prodotti locali. Più in generale, la leader di Movimento Sud sembra intenzionata a recuperare quel concetto di economia sociale di mercato che la destra italiana aveva elaborato illudendosi di non finire stritolata nel neoliberismo (all'italiana) berlusconiano: una migliore distribuzione del capitale, che non può essere prerogativa dei soliti noti, una esaltazione dei vincoli cooperativistici e solidali in ambito produttivo, un sistema creditizio premuroso nei confronti delle famiglie e della piccola e media impresa che, come dice il presidente di Confindustria Puglia Di Bartolomeo "non si sente tutelata dalle politiche di questa maggioranza".

AN SI SCIOGLIE TRA LE LACRIME DI A.POLI BORTONE. IL CONGRESSO SANCISCE LA SPACCATURA TRA LA SENATRICE E IL PDL



Gerardo Filippo con il suo intervento memorabile, scatena il caos.
Adriana Poli Bortone: “Fine ingloriosa del partito”.
La senatrice abbandona il Congresso di An e i “suoi” gridano: “Venduti!”.

venerdì 6 marzo 2009

Lecce, IV Congresso Provinciale di An

Lecce (Salento) - Si terrà sabato 7 marzo 2009, ore 9.00 presso l’ Hotel President in  via Salandra 6 a Lecce il IV Congresso di Alleanza nazionale.

Nel corso dell’incontro, al quale parteciperanno, con diritto di voto e di parola, tutti i tesserati del partito si discuterà la mozione “Dalla Destra al Popolo della Libertà. Il partito degli italiani”, che ha lo scopo di dare vita al grande progetto politico del Popolo della Libertà.

“Alleanza Nazionale entra nel Popolo della Libertà – afferma il Presidente Provinciale Ugo Lisi - per fondare il partito unitario del centrodestra, il più grande partito della storia nazionale, il più grande partito europeo. An costruisce il Pdl, partecipa alla definizione di questo grande progetto politico, con un obiettivo chiaro: completare un percorso cominciato 15 anni fa, senza abbandonare la strada fin qui battuta. In questo momento che segnerà l’inizio di una nuova fase della politica italiana – conclude Lisi – il mio più sentito e commosso pensiero va alla figura di Pinuccio Tatarella, uno dei padri storici di Alleanza Nazionale che vedrà realizzato, a dieci anni dalla sua scomparsa, il suo progetto, politicamente lungimirante, di realizzare un partito unico di centrodestra, capace di coalizzare tutti i moderati italiani” 

 

 

martedì 3 marzo 2009

I VALORI NEGOZIABILI DI AN

Dal dibattito che si è sviluppato in questi giorni all’interno di AN è emerso, tra l’altro, che questo partito sta entrando nel Popolo delle Libertà con alcuni suoi valori “non negoziabili”. Ora non intendo minimamente polemizzare con nessuno, ma mi piacerebbe sapere di che valori di parli e soprattutto cosa si intende per valori “non negoziabili”. Ora capisco che l’espressione è suggestiva ed evoca atmosfere reaganiane e ratzingheriane, da duri e puri, ma prima di usarle si dovrebbe fare l’inventario di quanto è rimasto dopo le svendite promozionali di questi ultimi anni.

Leggo di politiche e idee di sicurezza, di identità nazionale, di Patria, di valore delle persone, di centralità della famiglia, di sussidiarietà,di economia sociale di mercato; e mi dico: no, non possono essere questi i valori “non negoziabili”. Sono gadget politici quotidiani e diffusi su ogni bancarella della politica. Se fosse per questi si potrebbe votare benissimo il PD o l’UDC di Casini. Intendiamoci, chi ricopre cariche politiche o spera di arrivarci ha ragione di fare propaganda. Un politico fa bene ad osservare percorsi tattici per arrivi strategici; ma le migliaia di osservatori e commentatori politici e i milioni di elettori di destra evidentemente vivono una condizione ideologica di disagio e hanno esigenze di fisiologia politica diverse. Ciò che non può essere negoziato in natura come in politica sono il padre e la madre, ossia le radici. E? di li che bisogna partire; il resto cambia con le stagioni. In AN dove l’evoluzionismo si è coniugato col relativismo della convenienza sull’unghia, a partire dal 1994, passaggio dopo passaggio, è stato, man che negoziato, addirittura negato e rinnegato tutto. Dall’ideologia alla fisiologia: ciò che non può essere negoziato sono i bisogni.

Come meridionale e come cittadino io non posso negoziare il mio diritto di vivere come i cittadini del resto d’Italia e il mio diritto di partecipare concretamente alla vita politica del Paese.

Non mi pare che questi “diritti-bisogni” siano contemplati nel partito del “predellino” nobilitato come “Popolo delle Libertà”, cui An va trionfalmente a confluire. Federalismo fiscale e nominalismo elettorale sono “vulnera” gravissimi per ogni cittadino del Sud specialmente.

Dal pantheon della destra italiana, per tornare ad An, non è scomparso soltanto Mussolini, ma anche Almirante; e se quest’ultimo si dedicherà un filmato nel congresso di dissoluzione del 27 Marzo, lo si farà per un ultimo raggiro politico nei confronti di quel numero ancora consistente di ex missini che in Almirante hanno avuto per anni il loro Nelson Mandela, ossia la guida dalla quale sono stati condotti fuori dalla segregazione politica, altrimenti detta con l’espressione commerciale “sdoganamento”. Almirante fra qualche anno sarà il razzista di Salò, il “fucilatore degli italiani”. Qui non si discute la necessità del movimento, del seguire insieme i mutamenti epocali, che obbligano ad adeguarsi; ma di doverlo fare senza mai mettere in discussione le proprie radici, anche quando esse hanno fatto crescere piante e rami non proprio belli e buoni, e senza barattare i propri bisogni. Molti punti forza del Fascismo e perfino dell’MSI oggi non sono più condivisibili, fra questi il razzismo, il nazionalismo, il corporativismo, l’estremismo, l’omofobia e la xenofobia; con cui bisogna confrontarsi in termini problematici, senza sommarie e superficiali rimozioni.

Ma il primato dello Stato, che nell’attuale crisi è tornato imperioso, la priorità del socialismi sull’individualismo più esasperato, il compito etico dello Stato, il controllo sui servizi primari, fra cui la sicurezza, l’ordine, la salute, l’efficienza delle strutture pubbliche, la difesa delle identità nazionale nel rispetto delle altre, la garanzia di difesa della fasce più deboli, per un uomo di destra, proveniente dal Fascismo- msi, costituiscono imprescindibile impianto di qualsiasi attività di governo. Assistiamo, invece, ad un Popolo della Libertà sempre più su posizioni ecclesiastiche, commercialistiche, antistataliste. Più che un partito è una fazione. Perfino il nome evoca situazioni comunali da Medioevo in cui da una parte ci sono i magnati(la corporazione dei politici) e dall’altra i ciompi(i cittadini esclusi).

Quanto agli uomini di An ormai “in liquidazione”- e parlo dei più rappresentativi- da anni non fanno che gli Yes-man di Berlusconi e in sott’ordine di Fini, perché politicamente dipendono da loro e non dall’elettorato. Essi sono passati dalle vertigini del “balcone”

all’autostop del predellino. E non si finga di non capire!

Gigi Montonato